30 January 2007

L'isola di Calvino

Sono intervenuti: Gerardo Soler dell'Ambasciata di Cuba in Italia, Roberto Giannarelli regista del film, Pierpaolo Andriani co-autore

Il documentario vuole presentare i primi quarant’anni della vita dello scrittore: gli anni della sua formazione. Un Calvino privato. Quel Calvino per il quale è più “naturale vivere da straniero”, un autore per il quale si può favolisticamente usare la menzogna nel citare la propria autobiografia. Il vero e il falso si fondono e si confondono solo nella fantasia dei suoi romanzi.

Calvino è nato a Santiago de las Vegas, un villaggio nei pressi dell’Avana il 15 ottobre 1923 da Evelina Mameli (laurea in scienze naturali a Pisa, libera docenza in Botanica, poi università di Cagliari, e poi a Pavia. Prima donna in Italia a ricoprire la cattedra in Botanica) e Mario Calvino, agronomo, cattedra a Imperia, poi Messico e infine a L’Avana, Cuba, dove dal 1917 ha diretto la Stazione Sperimentale di Agricoltura. Una famiglia di studiosi della natura, con la passione del conoscere il mondo, che influenzerà moltissimo la formazione del giovane Calvino.


NOTE DI REGIA

Non è un documentario sui libri di Italo Calvino. Non ci sono critici che parlano né storici che analizzano la produzione letteraria del grande scrittore.
C’è la vita di un uomo alla perenne ricerca di un rapporto felice con le proprie aspirazioni, i propri desideri, in continuo spostamento da una città all’altra, da un continente all’altro, per trovare lavoro, affetto, amore. Ci sono tanti amici: Scalfari, Pigati, Luzzati, Vidal, Piano...
E’ un viaggio nei luoghi calviniani filtrati dall’occhio poetico della telecamera digitale di Paolo Ferrari (che utilizzerà il neonato sistema HDV che unisce una tecnologia “leggera” alla qualità dell’alta definizione HD), la conoscenza dei testi calviniani dello sceneggiatore Pierpaolo Andriani. Un viaggio nelle radici (nel vero senso della parola!) e nella formazione di un autore che ha unito scienza e creatività, botanica e poesia. Uno scrittore che a me, come a tantissimi nel mondo, ha fatto scoprire l’amore per la letteratura.

Roberto Giannarelli

Ambasciata di Cuba

Roberto Giannarelli

29 January 2007

Lettere dalla Palestina

E' intervenuto Francesco Martinotti, regista

2002: “Lettere dalla Palestina” (58’)

film collettivo coordinato da Francesco Maselli

montato da Wilma Labate, Mario Monicelli, Carlo Valerio
diretto da Franco Angeli, Giuliana Berlinguer, Maurizio Carrassi, Giuliana Gamba, Roberto Giannarelli, Wilma Labate, Francesco Ranieri Martinotti, Francesco Maselli, Mario Monicelli, Ettore Scola, Fulvio Wetzl

"Il problema Palestina ci sta nel cuore da tanti e tanti anni. Nella sua complessità e in tutto quello che trascina con sé della storia recente dell’umanità. Direttamente e indirettamente.
Per cui a tutti noi di “cinema nel presente” è venuto naturale pensare a un nuovo film collettivo che documentasse la condizione atroce che vive oggi quel popolo.
Ma sarebbe meglio dire “raccontasse”. Per la prima volta, infatti, ci siamo posti di fronte a una determinata realtà con l’animo creativo che del resto è specifico del nostro mestiere.
Ne è emerso un film fatto di frammenti, illuminazioni, volti, case: insomma storie. Per raccontare soprattutto una cosa: la straordinaria vitalità culturale e intellettuale – e materiale, fisica – di questo popolo oppresso.
Mario Monicelli ci ha proposto di chiamarlo “lettere dalla Palestina” e non poteva immaginarsi un titolo più giusto. Abbiamo accettato tutti con entusiasmo."

24 January 2007

Nata due volte

Hanno partecipato alla nostra serata Carla Di Veroli, Assessora alla Cultura del Municipio XI del Comune di Roma e Giandomenico Curi, regista del film

L’ANED (Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti) e la Fondazione Memoria della Deportazione presentano:

Nata due volte (storia di Settimia ebrea romana) tratto da un’intervista dell’archivio della Shoah Foundation;

Prodotto da: provincia di Roma, provincia di Salerno, comune di Roma, Istituto Luce, Fondo Assistenza Vittime delle Persecuzioni Naziste, Università degli Studi Roma tre.

Con Settimia Spizzichino e la partecipazione di Angela Benincasa, Pupa Garriba, Aldo Pavia, Alessandro Portelli, Franco Bruno Vitolo.

Riprese: Video Sign di Salerno (Mimmo Cuomo e Antonio Senatore). Ricerche storiche: Antonella Tiburii. Musiche a cura di Nando Citarella. Montaggio: Marcelo Lippi.

Organizzazione: Carla Di Veroli

Regia: Giandomenico Curi.

Anno: 2005 Durata: 60 min.

Il film è stato premiato nell’ambito della terza edizione del “Premio Cinema PITIFEST” in riconoscimento dell’importanza del valore della memoria, che esso contribuisce a trasmettere, ed in ricordo dell’impegno/testimonianza di Settimia Spizzichino.

“Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz. Due anni in Polonia (e in Germania), due inverni. E in Polonia l’inverno è inverno sul serio, è un assassino. Anche se non è stato il freddo la cosa peggiore. Tutto questo è parte della mia vita, e soprattutto è parte della vita di tanti altri che dai lager non sono usciti. E a queste persone io devo il ricordo: devo ricordare per raccontare anche la loro storia. L’ho giurato quando sono tornata a casa. E questo mio proposito si è rafforzato in tutti questi anni, specialmente ogni volta che qualcuno osa dire che tutto ciò non è mai accaduto, che non è vero. Per questo sono tornata: per raccontare. “

Un film su Settimia Spizzichino non può non partire da qui, da questo impegno preciso che ha guidato la sua vita e la sua storia da quando è tornata dai campi di sterminio fino alla sua morte avvenuta nel luglio del 2000. Andava dappertutto Settimia, da sola o in compagnia. Spesso si muoveva con quelli dell’ANED, l’Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti. Ovunque c’era da portare una testimonianza in prima persona su quello che era stato l’orrore infinito dei campi e della Shoah tutta. Non aveva paura di niente. Sicura, decisa, precisa, “tignosa” direbbero a Roma, la sigaretta sempre accesa, la voce appena incrinata dall’emozione, quel suo dialetto giudaico romanesco, che era un incanto, e che ormai non esiste più. E ogni volta era come ricominciare da capo, rimettere in fila la sua vita, con quella scia di ricordi, dolore, rabbia… Il 16 ottobre 1943, la grande razzia del ghetto, i nazisti che deportano oltre mille ebrei romani, con tantissime donne…

Ne torneranno solo 15, e una sola donna, lei, Settimia, che prima ad Auschwitz e poi a Bergen-Belsen si impose di resistere, di sopravvivere all’orrore per poterlo raccontare. E così ha fatto per tutta la vita, andando nelle scuole, per strada, nelle fabbriche, tornando molte volte ad Auschwitz con i ragazzi delle scuole, ogni volta a spiegare e raccontare… E quando sono arrivati quelli della Shoah Foundation (la fondazione costituita da Steven Spielberg per raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti allo sterminio nazifascista), Settimia ha raccontato anche a loro. Li ha ricevuti in casa sua, addosso un abitino qualsiasi, la solita sigaretta in mano, e la storia che ricomincia, implacabile, attenta, commossa. Una testimonianza completa, che non fa sconti a nessuno, che non perdona, che ritrova tutti i carnefici, nazisti tedeschi e fascisti italiani. Ed è da lì, da una cinquantina di minuti di quella lunga intervista per la Shoah Foundation (quasi tre ore e mezzo di filmato) che è partito il nostro film. Più altre interviste e materiali di repertorio che abbiamo trovato all’Istituto Luce, ma non solo.

E insieme al coraggio della memoria, c’è un altro aspetto della sua straordinaria testimonianza che va evidenziato: il fatto di raccontare tutto questo dal punto di vista di una donna. Di una donna ebrea del suo tempo, che ha vissuto per intero la sua vita, anche prima e dopo i campi di sterminio. Di una donna che racconta la sua storia, e insieme le storie di tante altre donne che erano con lei in quella terribile esperienza, a cominciare dalla madre, le due sorelle, e una nipotina di pochi mesi. Massacrate ad Auschwitz, insieme a tutte le altre. Vite, facce, voci di donne. Tante donne trovate e perse nell’orrore di un campo di sterminio… Ma quando torna a casa Settimia è sola. E’ rimasta soltanto lei. Lei che ha preso la forza di tutte, per rappresentarle tutte, per diventare in qualche modo la loro voce, la loro memoria viva.

A loro è dedicato il film, alle donne del ghetto, ricordate nella foto che chiude il film, dopo i titoli di coda, con quelle tre ragazze del ghetto, giovanissime e bellissime, fotografate a Piazza Argentina proprio nel 1943, e probabilmente finite sui vagoni piombati diretti ad Auschwitz.

Giandomenico Curi


Un'intervista a Settimia Spizzichino

16 Ottobre 1943: il sabato nero degli ebrei di Roma


Frammenti di Novecento

Francesco Maselli ci accompagna attraverso eventi, intrecciati con la sua vita personale, che in qualche modo hanno segnato la cultura e l'arte del secolo appena trascorso.

Lo fa prima come osservatore privilegiato (la parentela e il rapporto familiare con Luigi Pirandello, il salotto artistico e intellettuale della famiglia Maselli, glielo consentono); poi come protagonista fra i tanti.
Fa rivivere i dibattiti culturali degli anni trenta, la guerra, la resistenza e la clandestinità; la liberazione. La cultura e la politica. Il cinema, come grande passione collettiva e poi destino personale.
I testimoni - amici di oggi e di allora - raccontano. Il tono confidente e familiare rende vivi i ricordi, ricostruisce emozioni e atmosfere; mentre, quasi inconsapevolmente, i loro frammenti di memoria vanno a comporre un documento prezioso ed esclusivo.


Biografia di Citto Maselli


L'orchestra di Piazza Vittorio

Il primo appuntamento è stato con il film di Agostino Ferrenti, l'Orchestra di Piazza Vittorio. E' intervenuto l'autore

"Se volete vedere le palme azzurre di piazza Vittorio, se volete vedere il mare in super 8 di Ostia, se volete vedere Roma la città di Romeo e Giulietta, se volete sentire "mission impossibile" al cimbalon in versione zingara, se volete vedere un cubano che fa yoga, un indiano su una vespa bianca al Colosseo che non si mette il casco per non spettinarsi i capelli, un equadoregno che svalvola per amore, un macho arabo vestito di rosa confetto, un casertano che canta in hindi, un argentino che viene sfrattato dal suo garage, un sitarista indiano convinto di essere Uto Ughi, un newyorchese che suona le tablas, un griot senegalese che si sposa con la sua allieva italiana. Se volete sapere come si dice merda in tedesco, in arabo, in spagnolo, se volete sapere come si piazza sul mercato di Tunisi un’auto usata, se volere sapere come un rajastano appena arrivato a Roma deve offrire un'aranciata ad una ragazza al primo appuntamento, se volete sapere come si prepara il chai indiano usando i barattoli anche come percussioni, e il cous-cous senegalese mentre il Senegal sconfigge la Francia ai ai campionati del mondo del 2002, se volete sapere come si fa a fumare una sigaretta al contrario o come si convince un comune a comprare un cinema a luci rosse, ma soprattutto se volete sapere come si canta una canzone senza parole…"

dal blog di una componente dell'orchestra)


Il sito dell'orchestra

L'Ass. Apollo 11

Il blog

Presentazione del circolo

Il circolo del cinema "2046" nasce a Trevignano (quello romano da non confondere con l'altro, trevigiano) per provare a mostrare qualcosa di nuovo. Superfluo indicare la provenienza del nome, certo è che la scelta sarebbe potuta cadere su cento (o quasi) altri titoli, nomi, luoghi, ma sarebbe stato difficile condensare in un nome, un manifesto programmatico, un canone estetico ma soprattutto la colonna sonora di varie esistenze.

Comunque, in riva al lago c'è un cinema ormai famoso, una sala a disposizione un giorno a settimana, il desiderio di variare la già preziosa offerta del cinema Palma e di esplorare il settore del documentario, così poco visibile nelle sale "normali" ed ecco l'idea di organizzare una rassegna di documentari il cui filo conduttore sia la memoria: “La tela della memoria”.

La memoria non è unica ma molteplice e fatta di tanti fili; ogni filo collegato a tutti gli altri, direttamente o indirettamente; tutti formano una ragnatela in cui ciascuno di noi è immerso e da cui è avvolto e circondato.

La nostra rassegna si propone di mostrare alcuni di questi infiniti fili; a ognuno intrecciarli con i propri ricordi e il proprio vissuto.

Gli incontri, a cadenza quindicinale, si compongono di una prima parte con la proiezione di un documentario, seguita dall’incontro con gli autori e altri ospiti legati al tema trattato in ciascuna serata.

La proiezione è il “pretesto” per la discussione, recuperando così uno dei valori propri del cinema.

Parleremo quindi di emigrazione italiana e di immigrazione nel nostro paese, di Palestina e della guerra di liberazione, dell’olocausto e della guerra continua dei nostri giorni, del mondo del lavoro e di altri argomenti che sono parte integrante della nostra esistenza da tanti anni.