12 November 2007

Che Guevara: il corpo, il mito

Intervengono Raffaele Brunetti, regista del film e Roberto Savio, giornalista

Dall’uccisione di Ernesto Guevara, nell’Ottobre del 1967, fino al 1997, anno del ritrovamento dei suoi resti, eventi di politica internazionale hanno influenzato il destino del corpo del più famoso guerrigliero della storia rendendone impossibile il ritrovamento. Solo quando finisce la Guerra Fredda e cade l’Unione Sovietica, che vedeva nella figura di Guevara un pericoloso nemico, è possibile guardare dietro il mito del Che e iniziare a cercare quel corpo scomparso per trent’anni.

In tutti quegli anni il “fantasma” di Che Guevara ha continuato ad influenzare i destini e le vite di molte persone: dai militari coinvolti nella sua uccisione, ai compagni sopravvissuti, ai giornalisti che cercavano la verità, ad un’intera generazione che affrontava il ‘68 esponendo il poster con l’immagine stilizzata del Che.

Dalla caduta dell’Unione Sovietica, il mito del Che non ha mai smesso di crescere. I grandiosi funerali a Cuba, che a trent’anni dalla morte è riuscita a garantirsi “il possesso” dei resti dell’eroe nazionale, non servono a lasciar “riposare in pace” il guerrigliero.

Di fatto, 40 anni dopo la morte e 10 anni dopo la scoperta dei resti, i contadini di Vallegrande in Bolivia continuano a votarsi a “San Ernesto”, gli stessi militari boliviani che combatterono contro di lui continuano a chiedere un riconoscimento ufficiale, l’immagine di Che Guevara è tornata ad accompagnare le manifestazioni di protesta. Il mito è più forte che mai. Eppure il pensiero che ha caratterizzato l'ultima parte della sua vita, quello che lo ha portato a denunciare lo sfruttamento imperialista dell’Unione Sovietica ai danni dei paesi poveri, quello che lo ha portato a morire a soli 39 anni, rimane per la maggior parte sconosciuto.

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